Swinging Palermo
Biografia
Piero Violante
Swinging Palermo
Sellerio
Ascesa e caduta della «Grande Palermo». Questa biografia culturale della città segue le idee e le persone, e i momenti cruciali della vita delle istituzioni che ne derivavano, dalla fine dei Cinquanta agli Ottanta del secolo scorso. Ma una storia non vuol essere, perché Piero Violante si pone come narratore di ciò che ha vissuto da protagonista e di ciò che lo ha colpito da testimone diretto; si pone come spettatore tipico e quindi racconta insieme la formazione e la maturazione sentimentale e culturale che poté avere l’intellettuale della sua età, nato nell’immediato dopoguerra. Più o meno tutto quello che di memorabile accadeva tra il Teatro Massimo e le cantine dell’avanguardia, tra le università e gli incontri in libreria, tra gli scavi archeologici e le mostre d’arte, tra le riviste di semiotica e il quotidiano «L’Ora», tra le Settimane di Nuova Musica e i concerti degli Amici della Musica, tra i tè pomeridiani dell’aristocrazia e i circoli della contestazione studentesca, tra Leonardo Sciascia e la Scuola di Palermo. Con una attenzione affettuosa per quel gruppo di persone che l’autore denomina «classe dirigente d’opposizione», ossia i grandi eccentrici maestri del sapere critico e dell’impegno ironico, i quali trovano in questo libro una forte memoria finora mancata. Eppure, questo libro si può anche assumere come una storia, forse la prima, dell’opinione pubblica del dopoguerra, dal momento che quella cultura critica, d’avanguardia, ironica, pienamente cosmopolita nelle forti radici locali, fu a Palermo l’unica opinione consapevole e intelligente. E in quanto storia, certi tratti di essa colpiscono nella loro eccentricità, si offrono a riflessioni più ampie. Per esempio, il modo singolare in cui gli intellettuali abbiano «acciuffato il contemporaneo» nella cultura, appoggiandosi a un’aria antimoderna da Ancien régime; o come la città potesse nello stesso tempo essere fervida capitale di nuove arti, mentre attorno procedeva la sistematica distruzione della sua unica bellezza storica; o come, soprattutto, mentre era attraversata dai più formidabili cambiamenti, evoluzioni e convulsioni, potesse abbandonarsi all’ideologia nostalgica della passività, all’idea della «storia immobile», al cliché fatalistico dell’irresponsabilità civile.