Mi chiamo Baratta Costantino
“Mi chiamo Baratta Costantino, sono nato nel 1957″.
Dice così, Costantino, dopo essersi rallegrato per avere una mezz’ora piena da passare con noi, e ovviamente quella mezz’ora diventerà un’ora e più. Baratta Costantino, come in un interrogatorio, quando si declinano cognome e nome e data di nascita. Costantino è l’uomo dell’anno dell’Espresso nello speciale 2013, perché in quel 3 ottobre ha salvato 12 persone tirandole in barca. 12 profughi eritrei che sono stati gli ultimi a uscire da quell’orrore (155 superstiti, 366 morti accertati, circa 20 dispersi).
Mai, in quell’ora di conversazione, Costantino citerà l’Espresso o il Nobel per la pace a Lampedusa o un qualsivoglia riconoscimento o intervista o attenzione ricevuta.
Inizia, invece, raccontando altro: il momento (siamo negli anni Ottanta) in cui i lampedusani lasciano l’agricoltura, e poi la pesca, per l’edilizia. Perché in quel decennio iniziano gli abusi, che sono visibili ancora oggi. E molti, poi, finita la bolla, dovranno tornare alla pesca, ma in situazioni molto più difficili, prezzo del gasolio incluso. Costantino continua a fare il muratore, insieme a suo figlio, comunque. La normalità, nelle difficoltà di Lampedusa.
(Grazie, Loredana Lipperini per le parole che citiamo qui con la data dell’incontro a cui si riferiscono, il resto, ed è molto altro, lo trovate nel suo blog: Lipperatura)